Bipo-creatività

Il 30 luglio ho partecipato ad una conferenza molto interessante, dal titolo:
“Come e dove nascono le idee. La creatività oggi tra Psicologia e Neuroscienze”.
Come si vede dal fronte retro dell’invito, era il secondo appuntamento del programma estivo della Galleria “Il Gualdo” di P. Ala, seguito poi dalla presentazione del mio libro ad agosto.

Il relatore, Professor Gianfranco Marchesi – specialista in neurologia, psichiatria, fisiatria ortopedica, attuale dirigente dell’Unità Operativa Area Nord Ausl di Reggio Emilia – ha illustrato come il tema della creatività sia ormai al centro dell’interesse di psicologia e neuroscienze.
Da circa 40 anni, infatti, con l’utilizzo delle moderne strumentazioni (PET, Risonanza Magnetica Funzionale, Elettroencefalogramma, ecc…) è stato possibile studiare da cosa è stimolato il nostro cervello, quali sono i “segreti” che determinano la creatività, quale è il confine tra educazione al ragionamento, studio e genialità. Negli anni ’50, inoltre, è stato introdotto il concetto di pensiero divergente (o laterale), intendendo per esso quello peculiare degli individui creativi perché meno vincolato a schemi rigidi e in grado di produrre molteplici alternative. Esso sottintende alla capacità di produrre una gamma di possibili soluzioni per un dato quesito, nello specifico per un problema che non preveda un’unica risposta corretta. Per giungere ad una soluzione creativa in un problema insolvibile e persistente, un individuo deve cambiare spesso la modalità con la quale ha tentato di risolverlo. In altre parole, è necessario pensare fuori dagli schemi.
Per sviluppare la creatività e le potenzialità cerebrali si possono individuare 3 fattori, continua il Prof. Marchesi: quelli cognitivi (conoscenze e facoltà mentali), quelli conativi (personalità e carattere) e quelli ambientali (famiglia e scuole frequentate).
Illustrando, inoltre, le differenze che competono ai due emisferi del nostro cervello (quello sinistro: linguaggio, logica, scienza; quello destro: intuizione, creatività, arte e musica), il relatore ha sottolineato che avere un’elevata intelligenza (QI elevato) non corrisponde all’avere creatività, e che il creativo non è un problem solver, ma un problem finder cioè è proteso alla ricerca attiva di possibili problemi, va a caccia di essi e non si limita a lavorare su problemi “ricevuti”, ma cerca di stanarli attivamente. Inoltre, è stato dimostrato che il creativo ha, nel proprio cervello, una maggior quantità di neuroni associativi, cioè quei neuroni che consentono il collegamento tra quelli sensitivi (in grado di recepire stimoli di varia natura) e quelli motori (in grado di comandare risposte motorie o comunque di determinare la comparsa di un effetto in risposta allo stimolo iniziale).

Dopo questa carrellata sul funzionamento del cervello in relazione alla creatività, il Prof. Marchesi ha enunciato le motivazioni che inducono ad essa, le quali possono essere di natura estrinseca (successo e gratificazione) o intrinseca (piacere di dedicarsi all’attività creativa), riassumendole nella frase, a mio avviso bellissima, “La creatività si gratifica da sola”.
Ha proseguito il suo intervento elencando le caratteristiche peculiari del creativo: perseveranza e caparbietà, coraggio e resistenza (come diceva Edison: “La creatività è per il 10% ispirazione e per il 90% sudore”), originalità, disponibilità a rischiare, perfezionismo, tolleranza all’ambiguità, individualismo e indipendenza, ossessività, severità e intransigenza con sé stessi.
Proprio perché in molti personaggi considerati creativi, l’eccentricità del comportamento ha reso molto labile il confine con la patologia mentale, il relatore ha analizzato l’enigmatica contiguità, quel sottile limite di demarcazione che spesso vi è tra genio e follia identificandola, nello specifico, nelle due forme di disturbo schizotipico e disturbo bipolare (di seguito DB).
Le moderne tecniche di neuroimaging e biologia molecolare, in particolare, hanno permesso di sperimentare che “eccentricità e creatività vanno a braccetto” e di individuare le caratteristiche principali che sottendono alle due patologie principali individuate.
Nello schizotipico si possono rilevare in estrema sintesi: paranoia, fantasticherie e credenze insolite (paranormale), eccentricità di pensiero, ritiro sociale, disturbi del comportamento in genere. I filtri mentali cognitivi in questi soggetti hanno un ridotto funzionamento, una sorta di allentamento tale per cui si può arrivare ad una totale disinibizione cognitiva che può portare al “colpo di genio”, al cosiddetto “frammento di delirio”.
Il disturbo bipolare, detto anche psicosi maniaco-depressiva, ha come caratteristica di base (da cui poi possono scaturirne varie tipologie) l’alternanza dell’umore tra due polarità opposte: la depressione e la mania. Questo, molto in breve: ho più volte parlato nei miei post (Scrivimi, le giornate ormai si allungano; Dolore come unione; nello specifico in Luna piena
e soprattutto nel mio libro attraverso la figura di Viviana, di cosa avviene nei soggetti bipolari. Mi focalizzo ora su quanto riferito dal Prof. Marchesi in sede di conferenza: il disturbo bipolare è una sindrome piuttosto sottovalutata e spesso mal diagnosticata perché spesso viene inizialmente identificata come depressione maggiore e curata in maniera non adeguata; inoltre, dal punto di vista eziologico, ha come cause scatenanti: fattori biologici (un deficit di un marker della serotonina nel cervello e squilibri nei neurotrasmettitori, rendono la patologia un problema organico, perché frutto di un vero e proprio squilibrio chimico), genetici (la storia familiare, il temperamento della persona e una specifica mutazione genetica rendono possibile l’insorgenza e, purtroppo, l’ereditarietà del disturbo bipolare), ambientali (un elemento scatenante, l’abuso di droghe e alcol, ecc…).

Ma ciò che ha voluto sottolineare il relatore sul DB, riferendosi in specifico al tema della conferenza, è innanzitutto che il DB negli ultimi anni è arrivato a colpire l’8% della popolazione (sesta causa d’invalidità al mondo) e, secondo gli studi della psichiatra (bipolare) americana Jamison, tra gli artisti ricorrerebbe nella percentuale del 20%, rispetto all’8-10% della popolazione generale; inoltre, addirittura il 38% dei personaggi famosi ha richiesto il trattamento per sbalzi d’umore (poeti e romanzieri quelli più colpiti). Sempre secondo la psichiatra di cui sopra, nel DB la creatività può essere definita come “Sacro fuoco”: nei periodi di ipomania (umore persistentemente elevato, espansivo o irritabile, diverso dall’umore non depresso abituale, quindi una fase di mezzo tra le due polarità, a cui segue inesorabilmente la caduta depressiva) si può innescare la “scintilla creativa”, ma il vero test di creatività è essere capaci di organizzare l’opera d’arte, così che abbia un senso. In quest’ultimo assunto, sottolinea Marchesi, sta proprio la differenza tra la schizofrenia e il DB: la prima nella gran parte dei casi non porta a vere opere d’arte perché è una malattia degenerativa e, come in molti disordini neurologici, la creatività si può ridurre e compromettere nel lungo periodo; il DB, invece, ha al suo attivo un gran numero di personaggi del passato e del presente che possono essere considerate pietre miliari dell’arte in genere. Ha portato l’esempio di una mostra in Germania che ha raccolto le opere, rinvenute in vari manicomi, di malati di mente – per lo più schizofrenici – senza formazione artistica: ebbene, tra esse quasi nessuna può essere considerata capolavoro.
Il Professore ha concluso la sua esposizione proiettando i volti di alcuni dei personaggi bipolari più famosi, da me ripresi – insieme ad altri – nella successiva presentazione. Non sto qui a nominarli, la rete è piena di video e di blog che li elencano e anche la letteratura – il mio stesso libro – li cita.
Ciò che voglio sottolineare è che come diceva Schopenhauer: 
“Genio e follia hanno qualcosa in comune: entrambi vivono in un mondo diverso da quello che esiste per gli altri”, ma che anche quello che il “Dott. T.” disse a Viviana il giorno della diagnosi, non è sbagliato: dopo la carrellata di personaggi illustri bipolari fatta per rincuorarla e farle attutire il colpo, fu molto onesto nel sottolineare ironicamente che “Se uno nasce brocco e si scopre bipolare, resta pur sempre brocco”. Quando l’ho visto, il giorno della prima presentazione del mio libro, abbracciarla e sussurrarle: “Oggi, Viviana, è successo un miracolo!”, ho avuto conferma che quella frase non era per niente scontata.
Quindi non vi è perfetta coincidenza tra bipolarità e creatività: non tutti i bipolari sono creativi e non tutti i creativi, ovviamente, sono bipolari.

Sicuramente un bipolare creativo, deve prima di tutto credere in se stesso, assumendo regolarmente le medicine (non distruggono affatto il lato poietico), migliorando la qualità della propria vita e avendo l’umiltà di chiedere aiuto quando necessario: così facendo può dar ancora maggior sfogo alla propria creatività, alimentando in tal modo quel sacro fuoco ma spegnendone le fiamme più pericolose.
Viviana ha intrapreso la strada proposta con umiltà e grinta allo stesso tempo: in primis ha dovuto accettare la malattia, cosa non affatto semplice, vista l’intangibilità di essa (non è un malleolo rotto e ingessato, la malattia mentale) e lo stigma da cui è circondata; poi di assumere regolarmente le sue medicine (un bel cocktail, più volte modificato) e rendersi conto di dipendere da esse in tutto e per tutto; inoltre, accettare di farsi aiutare con un sostegno psicoterapico (ergo, per la società odierna: andare dallo “strizzacervelli”).
Tutto questo le ha permesso di canalizzare le proprie energie (che altrimenti andavano disperse) in un qualcosa di creativo che ha reso possibile la realizzazione del mio libro: il raccontare la sua storia, l’aprirsi della sua anima alla mia penna, il decidere di “mettersi a nudo” e compromettersi totalmente per fare un dono agli altri. Dice ad un certo punto nel libro, parafrasando la frase di 
Oscar Wilde “La vera forma d’arte è la nostra vita”: 

Il mio libro non è una forma d’arte ma il raccontare la mia vita attraverso un libro lo è.

Le auguro di riuscire, in ogni modo, a lavorare sempre di più e sempre meglio nel suo intento, così da poter aiutare se stessa e gli altri. 

18 pensieri su “Bipo-creatività”

  1. Il post (e tutto il blog) è molto interessante, da esso ho capito che probabilmente sono uno schizotipo visto che ancora credo di poter insegnare nella scuola pubblica e che la mia squadra del cuore vinca lo scudetto…
    Scherzi a parte, è interessante conoscere le sfaccettature di una malattia e coglierne i lati positivi. Mi colpisce l’idea per cui il bipolarismo può essere veicolo per una maggiore creatività e il fatto che la creatività non sia solo un “dono naturale” ma un talento da allenare a base di autodisciplina (quasi un ossimoro…creatività regolata). Importante poi è sapere la percentuale di bipolari nel mondo; mi chiedo se tale percentuale sia così alta a causa dei “tempi che corrono” o se non fosse così elevata anche in precedenza allorquando la malattia era tuttavia ancora praticamente sconosciuta.

    1. Caro Bull78,
      se guardi il video (ce ne sono anche molti altri in giro) che elenca i bipolari famosi, del presente e del passato, ti puoi accorgere che alcune diagnosi sono state fatte, di recente, “post-mortem” attraverso degli studi scrupolosi che spaziano dalla storia familiare alle caratteristiche del temperamento del personaggio, a cosa ha prodotto (di creativo, di negativo verso sé e gli altri ecc…). Ci sono fior fiore di libri, di studi sull’argomento. Quando certe patologie non erano conosciute e, al più catalogate insieme ad altre, li si rinchiudeva, punto e basta.
      Prendi l’esempio di Van Gogh: si è suicidato, dopo aver attraversato periodi di buio totale, in cui ha praticato autolesionismo in varie forme e contemporaneamente ha prodotto opere grandiose. E’ stato rinchiuso, più volte e a lungo. La sua famiglia ha evidenziato, grazie ad un accurato albero genealogico, numerosi casi di schizofrenia, di disturbi dell’umore, di ricoveri, di tentati suicidi e altri riusciti, come il suo. Dall’analisi delle sue epistole, dei suoi scritti (quelli superstiti, molti ne ha distrutti) e delle sue opere in vari periodi, è stato possibile approdare all’alternanza dei suoi stati umorali. Tutti questi elementi analizzati, sviscerati e inquadrati temporalmente, hanno permesso la sua diagnosi, molto dopo la sua morte: bipolare.
      La malattia è sempre esistita (alcuni azzardano il DB addirittura in personaggi come S. Francesco, Platone, Socrate!), da poco la si conosce e, di certo, i tempi che corrono non aiutano: il mal di vivere, di cui spesso ho parlato, dilaga sempre più. Ma, come ho sottolineato, il DB è una malattia genetica e biologica, frutto di squilibri chimici accertati. Quindi, in teoria, i “tempi che corrono” vi incidono, secondo me, solo per la parte “ambientale”, cioè un elemento scatenante (che può essere anche la crisi economica, il non trovare lavoro, ecc…) che ha provocato, in un tal momento, l’insorgenza e il palesarsi dei primi sintomi.

      E poi sì, la creatività va allenata, regolata. Il Prof. Marchesi lo ha accennato alla conferenza (non ho riportato questa parte), anche a proposito dei bambini: noi genitori dovremmo essere un mix di severità e comprensione al riguardo, lasciandoli liberi di esprimersi come vogliono, ma aiutandoli con amore e regole verso la realizzazione del loro lato creativo.

      In quanto al poter insegnare nella scuola pubblica e alla vittoria dello scudetto per la tua squadra del cuore, non c’entra lo schizotipico: sono solo “sogni” di ardua realizzazione! 🙂

  2. Magari anche Dio e suo figlio Gesù lo erano…hihihi scusate la battuta ma anche loro sono stati grandi creativi…
    Tutto molto interessante…(come interessante è stata la conferenza di Punta Ala a cui ho avuto il piacere di partecipare).
    Quello che mi piace di più è che, come hai fatto notare cara Luisa, genio e sregolatezza non sempre sono sinonimi di creatività: oggi giorno sembra quasi diventato uno status simbol questo atteggiamento: quanti creativi o semplici studenti, si vestono o si atteggiano in maniera stravagante e costruita per apparire artisti? Si, ci sono delle condizioni psicologiche particolari in molti artisti (io penso soprattutto ai pittori perchè ne ho studiati molti) che sono sintomo di creatività. Ma ci sono anche molti creativi che nella semplicità della loro vita e del loro cervello, sanno comunque tirare fuori cose straordinarie. Già…se uno nasce brocco è brocco sempre anche se creativo (bellissima sta frase) e, dico io, se uno è creativo è creativo sempre anche se non è un genio sregolato…no?

    1. La frase, Sisterina, del dott. T era che “Se uno nasce brocco e si scopre bipolare, resta pur sempre brocco”, non diceva brocco creativo ma brocco bipolare…
      Comunque hai colto nel segno: genio e follia/sregolatezza NON coincidono. Anzi, la sottolineatura mia e del Prof. Marchesi è proprio questa: il folle è creativo se “gestisce” e “indirizza” la sua follia, così da spegnere le fiamme pericolose e far, invece, alimentare il Sacro fuoco della creatività. Un creativo non è per niente sinonimo di folle, anzi come dici tu ci sono anche molti creativi che nella semplicità della loro vita e del loro cervello, sanno comunque tirare fuori cose straordinarie… io ne conosco una… 🙂

  3. Ottimo post, Luisa, e interessante come sempre, del resto 😉
    Un abbraccio da un “collega” sfuggente e con troppi pensieri per la testa.
    Andrea

    1. Ciao Andrea!
      Che piacere vederti fare capolino ogni tanto!
      Collega-amico, direi… e non sei sfuggente ma solo tanto, tanto impegnato. Col cuore ci sei, lo sento, da questi brevi ma incisivi commenti che mi incoraggiano ad andare avanti con questo blog. A volte mi scoraggio, sai? Mi verrebbe voglia di mollare tutto, non solo per l’impegno profuso (questo post era difficilissimo e davvero impegnativo) ma anche per i pochi commenti… Poi mi concentro sul fine ultimo che ho: non è avere tanti commenti o visualizzazioni, ma essere d’aiuto, d’informazione, di riflessione e indagine interiore.
      D’improvviso arrivano questi raggi di sole iaspettati e tutto si rischiara… Grazie!
      E, non preoccuparti: i troppi pensieri per la testa li abbiamo tutti! 🙂
      A presto!

  4. Ti capisco quando scrivi che a volte, nonostante l’impegno profuso, non arrivano i risultati sperati ma è altrettanto vero che spesso col nostro impegno si arriva al cuore e alla mente delle persone più di quanto crediamo.
    Il post era complesso ma decisamente interessante, personalmente ho trovato che la foto della parte destra e sinistra del cervello sia la perfetta sintesi di ciò che hai bene spiegato a parole e sono d’accordo con il professore riguardo ai “brocchi”; al contempo ritengo, anche per esperienza diretta, che una persona dal carattere forte e dalle molte capacita’ non può cambiare nel profondo, nemmeno negli stadi di depressione più seri a cui il DB può farla arrivare. Concludo con un simpatico detto partenopeo “Chi nasce tondo,non può morire quadrato!”
    Sunrise

    1. Sono contenta che tu abbia notato la complessità del post, cara Sunrise. Effettivamente ho impiegato molto tempo e molte energie nello scriverlo, in quanto mi sembrava non esaustivo riportare pedissequamente le parole del Prof. Marchesi in base ai miei miseri appunti: lui è stato un fiume di parole che io, con svariate ricerche, ho cercato di rendere il più semplice e comprensibile possibile. Ma i concetti da snocciolare, anche difficili, erano davvero tanti. Per questo ho fatto uso anche di quell’immagine molto esplicativa delle parti del cervello. Il discorso dei “brocchi” che tu sottolinei è la conferma di quanto dicevano il relatore e anche il “dott. T” a Viviana al momento della diagnosi, non una smentita (che trapela dalle parole della tua esperienza diretta). Anzi: chi ha carattere forte e capacità da vendere, le sfrutta proprio per risollevarsi dalla depressione e, magari successivamente, per dare spazio al suo lato creativo.

      1. Forse mi sono espressa male nel mio precedente commento, volevo proprio confermare che se una persona e’ forte, creativa e dalle mille capacità, non cambierà neppure se attaccata dal DB, anzi le qualità che ha dentro la sosterranno e l’aiuteranno a squarciare quella ragnatela…
        Sunrise

          1. Sono contenta di aver spiegato meglio quanto intendevo dire a proposito del post e…complimenti!
            Il tuo blog sta raggiungendo i 3.000 contatti!!!
            Continua così!Un caro saluto
            Sunrise

  5. Io credo che il tuo libro sia un’opera d’arte..
    quello che mi colpisce più di tutto è la forza che spinge Viviana nonostante tutto ad affrontare la sua vita mutata da questa condizione, il non arrendersi e la capacità di trasformarla in un capolavoro. Non è da tutti saper cogliere l’essenza della propria vita in modo così delicato.

    Un bacio

    1. Bentornata willow!
      Grazie per aver usato, riferendoti al mio libro, le parole: “opera d’arte” e “capolavoro”… E questo dopo mesi che, credo, tu l’abbia letto…
      Non vorrei sembrare un po’ troppo “bacchettona” nelle risposte ai commenti di questo post… ma vorrei solo delle chiarificazioni da te, come ho fatto con Sunrise: il commento è bellissimo e davvero incoraggiante ma… cosa c’entra con il tema del post in oggetto? E’ solo per puntualizzare, willow. Ti abbraccio a distanza!

  6. il mio era un pensiero scaturito dalle ultime frasi del tuo post.. magari era “fuori luogo” ma avendo letto il libro parecchio tempo fa, leggendo quelle tre righe di colpo mi è tornato in mente quello che avevo pensato leggendolo. tutto qui..
    per quanto riguarda il post, c’è poco da aggiungere, la scienza parla chiaro, per quanto può, sull’argomento “genio-follia”, quello che abbiamo dentro e che viviamo non sempre riusciamo ad esprimerlo, chi sa renderlo così piacevole per gli altri e allo stesso tempo così terapeutico per sè è di sicuro di lodevole capacità e da incoraggiare.
    Anche perchè le “opere d’arte” servono appunto a noi persone comuni per riflettere e identificarici un pò in sentimenti ed emozioni che spesso ci lasciamo sfuggire troppo presi dalle nostre vite, senza riflettere sul fatto che le nostre vite sono date proprio da quelle emozioni.

  7. Ottima spiegazione willow!
    Ora è tutto più chiaro!
    E’, inoltre, bellissimo quello che sottolinei riguardo ai sentimenti ed emozioni che ci lasciamo sfuggire perché presi dalle nostre vite. Verissimo: la nostra vita è data, è frutto proprio di quelle emozioni, sono loro che spalancano il cuore e aiutano a vivere meglio, ovviamente se positive e ben ponderate, cioè filtrate anche con le mente, senza troppa impulsività.

    A conferma di quanto dici riguardo alle opere d’arte, una frase di G. B. Shaw:

    “Si usa uno specchio di vetro per guardare il viso e si usano le opere d’arte per guardare la propria anima”.

  8. interessante e istruttivo quello che scrivi…. tutto mi conferma che tu sei colma di neuroni associativi!!!! Continua Luisa non mollare mai!!!

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