LETTERA A UN’AMICA PARTITA PER IL CIELO
Cara Paola,
dopo il sogno che ho fatto l’altra notte, di cui eri protagonista, mi sono decisa a scriverti queste righe. Qualcuno dirà che non servono a nulla, visto che ora non ci sei più ma, magari, da lassù, le riesci a leggere prima e meglio che se le scrivessi su un foglio di carta e le spedissi in Cielo con la posta ordinaria: chissà se anche lì arriva il mio blog!
Ricordi quando, in prima media, ci siamo incontrate nella sezione E?
Entrambe eravamo timide e incerte, affacciandoci alla nuova realtà nel passaggio dalle elementari; non solo: tutte due eravamo anche fisicamente differenti (“piatte”, cioè senza seno) rispetto ad altre compagne già “sviluppate” e che, chiaramente, i maschi preferivano a noi… noi eravamo ancora bambine, forse è per questo che ci siamo subito legate, per difenderci l’un l’altra, divenendo anche compagne di banco.
I tuoi occhietti castani pieni di vita e la tua piccola bocca a cuore mi hanno subito colpita, la tua esile voce e il tuo nasino all’insù mi hanno catturata. Considera che, dentro qualche scatola dei ricordi del passato, conservo ancora la penna verde che mi hai regalato tu, quella che profumava e mi piaceva tanto. Erano i primi inchiostri profumati, una novità, e tu me ne hai fatto dono.
Ricordo col sorriso che, una volta, siccome chiacchieravamo troppo di banco insieme, un insegnante ci ha separate e noi abbiamo continuato a parlare lo stesso, lanciandoci palline di carta con tanti messaggi dentro: se ci avessero scoperto, l’avremmo rischiata grossa!
E quanti compiti e merende insieme il pomeriggio, a casa l’una dell’altra!
E le feste di carnevale nella piazza del paese e nella mansarda di casa mia… una volta mi sono mascherata da zombie, ricordi? Con mia mamma che mi aveva cotonato tutti i capelli e messo un cerone bianco in faccia e un lungo vestito nero lucido… andavo in giro rincorrendo tutti, con le braccia in avanti, come se avessi voluto catturare ognuno di quelli che, normalmente, mi canzonava così… sì, mi prendevano in giro chiamandomi zombie, vista la mia magrezza (ahimè, perduta!) e il mio pallore diffuso. Mia madre, sin da piccola, mi ha insegnato che la vita andava presa di petto: farsi gioco delle prese in giro altrui e ironizzare sui propri difetti! Ma anche la tua non scherzava: nonostante la sua dolcezza, dalla quale tu hai ripreso, aveva una scorza dura e ti faceva anche da padre, visto che i tuoi si erano separati…
E le gite, le ricordi? In terza media, a fine anno, siamo andate in una delle isole del lago Trasimeno: quanto ci siamo divertite, io e te!
Insieme abbiamo studiato, disegnato, fatto sport, persino suonato il flauto ai concerti scolastici, sognato di avere, prima o poi, anche noi un fidanzatino…
Da settembre 1987, la vita ci ha divise: tu sei rimasta a fare le superiori vicino a casa, io mi sono trasferita nel capoluogo di regione a fare il liceo scientifico: ero l’unica della nostra classe ad andarci, terrorizzata all’idea di non avere più la mia Paolina accanto…
In seguito, io ho fatto l’università e ho ritrovato lì qualche nostro compagno delle medie, ma tu no, non hai proseguito gli studi.
Probabilmente non ci siamo più incontrate, io e te, per vari lustri.
La vita divide ma, poi, può anche riunire: così, quando io ho cominciato a lavorare in ufficio con i miei genitori, venivo a fare spesa nel supermercato dove tu facevi la cassiera.
E, come se il tempo si fosse fermato, abbiamo ripreso a parlare, ma da donne stavolta.
Ci raccontavamo dei nostri percorsi di vita diversi, dei nostri amori, dei nostri problemi, dei progetti per il futuro e i tuoi occhietti erano sempre gli stessi: vispi e sorridenti! Era una scusa, a volte, venire a fare spesa e scegliere la cassa dov’eri tu: volevo vedere la mia Palli e scambiare due chiacchiere con te, per tornare bambine insieme.
Poi è arrivata la mia prima malattia che mi ha strappata da quel lavoro e, di nuovo, dal paese. E ti ho persa ancora.
Fino a qualche mese fa, ricordi? Nell’anno in cui giungevamo al nostro quarantesimo compleanno, ci siamo incontrate in ospedale, ma non in un reparto specifico, al Cup.
Non eravamo più magre, nessuna delle due: entrambe “gonfie”, tu a causa delle terapie per quel male di cui avevo spesso sentito parlare e io per i farmaci che da anni prendo e nell’attesa di un intervento chirurgico per togliere, anche io, un organo del corpo malato.
Dopo tutto questo tempo, ci siamo ritrovate nella sofferenza, è lei che unisce nel profondo le persone, anche quelle che, involontariamente, si sono un po’ perse. Ma i tuoi occhietti erano ancora vispi, i miei capelli sempre voluminosi, in fondo non eravamo cambiate poi così tanto da allora, nonostante le malattie! E abbiamo ripreso a parlare, come a scuola e al supermercato, quasi che una sottile linea ci avesse, comunque, tenute unite negli anni. E non ci siamo messe a lamentarci del fatto che ci incontravamo lì, in quel luogo poco felice (a parte la battuta iniziale, il classico e ironico: «Ciao, come stai? Beh, se ci incontriamo qui, non tanto bene…»), entrambe eravamo venute a conoscenza dei problemi dell’altra, credo, ma abbiamo continuato a scherzare come da piccole, parlando però di altri bambini, dei nostri: sul fatto che avere entrambe due figli maschi, vivaci e terribili, è molto impegnativo ma, al contempo, vivificante! Chissà se avranno la fortuna di incontrarsi, prima o poi, i nostri maschietti, come l’abbiamo avuta noi di essere amiche?
E, da buone amiche, abbiamo capito subito di cosa avevamo bisogno entrambe, in quel preciso momento: di ridere e giocare ancora insieme, sì anche se solo per pochi minuti e a quarant’anni, donando l’un l’altra l’ossigeno della speranza, fatta persona nel nostro stesso futuro: i figli.
Dieci giorni fa, proprio verso la fine del mio esilio, la notizia della tua partenza verso il Cielo: il male era ricomparso, in maniera devastante e inesorabile, dopo la metà di giugno.
Ho pensato ai tuoi occhietti e i miei si sono riempiti di lacrime, ho pensato ai tuoi bimbi e sono corsa ad abbracciare i miei che mi avevano appena raggiunto.
Ma ti giuro, Palli, non ho mai sentito in me che quella speranza che ci eravamo donate mesi fa fosse scomparsa, anzi! Dopo settimane di solitudine e di profondi “Getsemani”, di Viae Crucis e resurrezioni, la tua morte è la conferma di quanto io sia fortunata a vivere e ad avere ancora la possibilità di sentire e donare, con la scrittura (magari la penna verde che mi hai regalato tu era già un segno!), questa forte Speranza: lei non morirà mai, nemmeno quando io ti raggiungerò, spero, lassù.
Inoltre, il buon Padre, che mai ci abbandona, mi ha posto accanto, proprio in quei giorni in cui ho saputo di te, un altro angelo vivente: Don Pierluigi a cui ho parlato di te e mi ha suggerito queste parole da scriverti, tratte da uno dei suoi tanti libri:
«A coloro che ci hanno lasciato noi, se vogliamo e se crediamo fermamente nelle verità di fede, possiamo ancora stare vicino e continuare ad amarli e a compiere del bene per loro, anche se in maniera differente da quando erano qui a fianco a noi sulla terra».
E io, cara Paola (un altro Angelo in Cielo), voglio continuare ad amarti: spero che quel poco di bene che compirò in ogni mio oggi, sia anche per te e che, amando i miei figli, possa far sentire meno soli i tuoi.
E le mie tante Viae Crucis saranno per te, come preghiera di vita quotidiana.
Il nostro non è un addio, ma un «Ciao»: ci rivedremo e saremo ancora bambine, pronte a scorrazzare eternamente tra le nuvole del Cielo, senza mascherarci però, saremo noi stesse, sempre. Ci tireremo ancora palline di carta, ci regaleremo penne verde-speranza per continuare a scrivere dell’Amore di un Padre tra le cui braccia giocheremo eternamente: e lì, sono certa, non ci perderemo più.
Non sono in grado, io, di fare trattati teologici sulla morte e, in barba a chi mi critica perché metto canzonette dopo pensieri seri e spirituali (scegliere ora Gen Verde o Gen Rosso sarebbe scontato e, poi, tu non sai nemmeno chi sono), mi viene spontaneo proporti questa ennesima poesia cantata di Eros, ci piaceva tanto sin da piccole: lui la dedica – sue testuali parole ai concerti – ai suoi amici che non ci sono più (Alex Baroni, Giò del quartiere Lamaro di Roma…) io la dedico a te, con tanto affetto: ora, quando la canterò penserò sempre a te, sono sicura ti piacerà… Ciao Paolina!
Ho letto con forte commozione ed empatia la storia dell’amicizia tra te e Paolina:l’adolescenza gioiosa e felice di queste due bambine ritrovatesi poi, una volta cresciute, a dover affrontare tante difficolta’, mi ha toccato nel profondo.
Sono certa che Paolina da Lassu’ ti guardera’ con i suoi occhietti vispi e proteggera’ sempre la sua famiglia e te.
Bellissima la canzone che hai scelto,spesso con la musica si arriva a sfiorare il cuore di chi la ascolta, piu’ che con tutti gli altri mezzi di comunicazione.
Ti abbraccio
Sunrise
Quando penso a quante persone abbiamo conosciuto, amato, alla tristezza dell’ultimo saluto,subito arriva la consolazione di quale sarà la grande gioia nel ritrovarle e stare sempre insieme per l’eternità, ringrazio il Padre perché solo un amore di padre verso i suoi figli poteva concepire un sì grande mistero. Ti abbraccio ciao.
Con un inevitabile nodo alla gola leggo questa pagina e mi unisco alla tua ‘preghiera’ x Paola. Ho un bel ricordo anche io di lei: di tutte le amiche ‘grandi’ era l’unica che non solo non mi snobbava ma anzi mi rivolgeva chiacchiere e sorrisi…era piacevole parlare con lei…Spero che Gesù lassù la coccoli forte forte e che Maria stia vicino alla sua famiglia.
Bellissima la canzone di Eros
A cosa servono e, soprattutto, perché un notes e una penna abbandonati sulla spiaggia in riva al mare? Sono forse in attesa di un’onda più lunga per essere portati via, sono un impedimento per tutti coloro che in questo periodo camminano sulla battigia, oppure, aspettano qualcuna che desidera dare corpo a quelle impronte che sono ben evidenti sulla sabbia? Si’, carissima Luisa, con la tua toccante lettera ci hai rivelato di chi erano quelle vestigia e, sebbene Paolina l’abbiamo vista nella fotografia successiva, ci hai resi partecipi di qualcosa di più del suo aspetto fisico e abbiamo compreso che tu l’hai sempre accompagnata e adesso è quel raggio di sole che irrompe tra le nuvole per continuare ad illuminarti.
Grazie di cuore, perché mi hai risvegliato quella sensibilità, che c’è in ognuno di noi, di fare tesoro del cammino che compiamo con i nostri amici valorizzando ogni singolo gesto vissuto insieme, anche se questi sono lontano dai nostri sensi, ma non di certo dal cuore.
Dopo aver letto il tuo articolo sulla scomparsa di Paolina, ho pianto per circa un’ ora e anche adesso non va meglio. Da quanto sono emozionata non sono riuscita nemmeno a trovare la voce per scrivere il mio commento sul blog, se vuoi riportalo te. Piango ancora, penso a Paolina, penso a Lucia, conosciuta ad un corso di yoga alla Lilt e prematuramente scomparsa. Anche Lucia una grande donna, bella dentro e fuori, con una forza incredibile….solo dopo che se ne é andata ho scoperto al tg regionale che era anche in personaggio pubblico, ma lei con la sua semplicitá c’era sempre per tutti. Io ogni volta che andavo al corso cercavo il materassino accanto al suo, mi dava pace anche guardarla. Poi le nostre telefonate, poi la notizia della sua scomparsa comunicata dalla nostra comune psicologa e la mia impossibilità a partecipare al funerale perchè operata per la seconda volta da pochi giorni.
Non finirei più Luisa e continuo a piangere, ma consideriamoci fortunate di aver conosciuto due donne splendide.
Se mi permetti dedico a entrambe la poesia che ho letto pochi mesi fa al funerale di mia madre.
La morte non è niente, io sono solo andato
nella stanza accanto.
Io sono io. Voi siete voi.
Ciò che ero per voi lo sono sempre.
Datemi il nome che mi avete sempre dato.
Parlatemi come mi avete sempre parlato.
Non usate mai un tono diverso.
Non abbiate un’aria solenne o triste.
Continuate a ridere di ciò che ci faceva
ridere insieme.
Sorridete, pensate a me, pregate per me.
Che il mio nome sia pronunciato in casa
come lo è sempre stato.
Senza alcuna enfasi, senza alcuna ombra
di tristezza.
La vita ha il significato di sempre.
Il filo non è spezzato.
Perchè dovrei essere fuori dai vostri pensieri?
Semplicemente perchè sono fuori dalla vostra vista?
Io non sono lontano, sono solo dall’altro lato
del cammino.
Charles Peguy
Bellissima questa poesia. Grazie
1) Carissime Anna, Sisterina e Sunrise, da buone donne vi commuovete ma il mio intento non era far piangere, ma anzi, dare speranza! Avrei potuto essere molto più drammatica (ormai mi conoscete, io drammatizzo sempre, ma pian piano migliorerò 🙂 c’è speranza anche per questo), invece ho cercato di essere obiettiva e ironica allo stesso tempo…
Anna, grazie per le tue parole sofferte e la preghiera che ci doni: meravigliosa!
2) Carissimi Sergio e Pierluigi, grazie per i vostri interventi.
In particolare, benvenuto Pierluigi: le tue profondissime parole rivelano un’anima così vicina a Dio, a conferma di quanto già ho avuto la fortuna di sperimentare di persona.
3) A tutti coloro che hanno commentato e commenteranno e a chi leggerà il post, dono questa preghiera (era sul ricordino del nipote trentenne di una mia collega di lavoro, appena rivista dopo più di un mese), è di S’Agostino:
“Non piangete, sarò l’angelo invisibile della famiglia. Dio non saprà negarmi niente, quando lo pregherò per voi”.
Vedete? Noi preghiamo e offriamo la vita per loro e loro pregano il Padre per noi: la morte non è morte ma interscambio di doni reciproci! E, grazie ad essi, la speranza – lo dico di nuovo – non morirà mai!
Grazie per i tuoi pensieri che arrivano sempre diretti al cuore, e per il sollievo che mi è arrivato dopo le recenti scomparse di alcune persone a me care.
Bentornato, Angelo!
Grazie per il tuo bel commento!
Parlaci di questo tuo sollievo… da dove ti è arrivato? Come lo hai conquistato? E’ un grande risultato, un dono, come lo hai ottenuto? Sono davvero contenta per te 🙂
Ti abbraccio!
Tu scrivi di Paolina come se invece di essere morta sia ancora presente, anzi sembra che il tuo discorso sia ancora più intenso, come se il vostro contatto abbia assunto un aspetto particolare che non puo esistere nella realtà. Succede anche a me quando penso alle persone care scomparse, alla loro vita, a come ci siamo comportati, a tutte le gioie o incomprensioni. Ora possiamo avere un contatto forse migliore, perdonare e cercare perdono, magari essere veramente quello che siamo.
Grazie, Angelo, per la tua esperienza!
Come sempre arrivi dritta al cuore… parlare dei nostri cari andati in cielo li rende vivi e vicini… penso che siano solo in un’ altra dimensione che i nostri poveri sensi non percepiscono… Ma l’amore non può svanire… continua a parlare alla tua amica Paola… lei ti ascolta .
Cara Luisa, capisco benissimo il tuo stato d’animo per la perdita di una persona cara. Anch’io ho avuto due anni fa lo stesso dolore per la perdita del mio unico fratello; in quella occasione, sicuramente ispirato da lui, ho scritto:
La Vita e la Morte.
La morte disse un giorno alla vita:
“”Nono conti niente, tu non hai speranza,
se lo decido io per te è finita,
son’io per l’uomo l’unica uguaglianza.
E’ inutile che cerchi di far finta
che ci sei solo tu, ch’io non son niente,
che per allontanarmi ci vuol grinta,
questo è solo un inganno per la gente””
La vita le rispose: “”Cara morte,
non voglio darmi tutta st’importanza,
è vero che tu sembri la più forte,
ma io che senso avrei senza speranza?
Dici che dopo te non c’è futuro,
ma chiudi un ciclo, non l’esistenza intera,
perché dopo di te, questo è sicuro,
ha inizio il percorso eterno della vita vera””
Il 14 gennaio 2011 il mio carissimo fratello Giancarlo ha lasciato questa terra e si è incamminato verso la nuova
vita, quella che non ha fine.
Un abbraccio, Paolo.
Grazie Paolo,
bellissimo questo tuo scritto!
Complimenti!
E’ vero, la vita ha senso proprio perché, dopo la morte, c’è l’inizio del percorso eterno della vita vera.
Ed è anche vero che, senza speranza, la morte sembrerebbe più forte della vita…
Ti abbraccio, grazie davvero che ci sei e che ci scrivi i tuoi pensieri!
con un nodo in gola, grazie, perché è cosi che anch’io preferisco ricordare le persone, gioiosamente ridono.