La sensibilità dei cuccioli

Qualche giorno fa ho assistito (e poi partecipato attivamente) ad una scena davvero dolcissima, quasi commovente. Un cucciolo di merlo è caduto nel recinto dei nostri porcellini d’india e, non riuscendo ancora a volare, vi è rimasto per un po’ di tempo.

La mamma merlo si avvicinava a lui in ogni modo: appoggiandosi con le zampe sulla parte alta del bordo di legno del recinto emettendo strani cinguettii, scendendo a terra e infilando il becco per portargli cibo attraverso la rete, entrando lei stessa nel recinto per dare al piccolo un po’ di calore… Avrei voluto conoscere il linguaggio dei volatili per capire cosa si dicessero, era evidente che lei lo voleva proteggere e che lui era in difficoltà e stava soffrendo lontano dal suo nido. Alla fine, dopo aver riflettuto a lungo sul da farsi – ero incerta se potevo peggiorare la situazione – ho deciso di prenderlo tra le mani e spostarlo, appoggiandolo in un’altra zona del piccolo giardino, fuori dal recinto. Poi, per breve tempo, ho assistito allo svolgersi degli eventi dalla finestra, attendendo che madre natura facesse il suo corso… Ma la merla era sempre lì, sopra o accanto al suo cucciolo, non lo lasciava mai solo.

Il rapporto tra madre e figlio, un legame affascinante e complesso allo stesso tempo, su cui sono stati scritti fiumi di parole…
Anch’io nel mio
libro tratto l’argomento, sottolineando che ciò che di più profondo scaturisce dall’intreccio dei cuori tra questi due soggetti è il dono reciproco.

In particolare, riferendomi alla figura di Viviana come mamma, narravo nel primo capitolo:

Lo dico a me stessa e lo dico a tutte le madri che leggeranno queste pagine: ciò che conta è dare il massimo di ciò che abbiamo per loro. Non conta se questo massimo è poco o troppo: donarsi ai figli è l’esperienza più appagante per una donna. Riempie più di una carriera lavorativa, più di un grande sentimento per un uomo o per un’amica, più del denaro, più della stessa fede. 

Successivamente ci racconta la sua indicibile sofferenza – e prova a immaginare anche quella del suo primo figlio – per le lunghe e forzate separazioni a causa della malattia:

Mi sembrava ogni volta che rientravo più grande, più cresciuto, più ometto e io non avevo contribuito alle fasi della sua crescita. Lo guardavo, era bello, era mio ma qualcosa me lo aveva strappato dal cuore. E forse nemmeno io ero più nel suo: tante figure gli avevano fatto da mamma al posto mio. 

In occasione della seconda gravidanza, inoltre, Viviana riferisce:

Ero felicissima e in cuor mio speravo di poter dare al secondo figlio quello che il primo non aveva potuto avere: una madre sana, stabile e in grado di accudirlo, una mamma normale, insomma. Il secondo figlio non poteva essere per me una seconda chance di riscatto sul passato e nemmeno un aiuto per seppellire il fallimento con Alessandro. Poteva essere però un altro grande dono per noi tutti, per voltare pagina e sperare nel futuro: “un figlio è sempre una benedizione”, recita un detto popolare, in cuor mio sentivo che poteva essere davvero così. Sapevo che, naturalmente, non avrei potuto allattare, visto che sicuramente avrei dovuto riprendere subito i farmaci dopo il parto; questo mi rattristava, ma in me era più forte il desiderio di portare a termine la gravidanza: avrei sopperito alla mancanza del latte materno, che Ale ha avuto, con il mio affetto e il mio amore.

Dopo questa “ri-spolverata primaverile” di Una storia di sta-ordinaria follia, concludo lo scritto per lasciare la voce a tutte le madri e a tutti i figli (la stessa persona può ricoprire entrambi i ruoli) che lo leggeranno, riportando una metafora di un libro che ho letto qualche tempo fa e che mi ha davvero colpito:

I bambini sono così sensibili… come le api con la regina: quando si ammala non sanno più cosa fare e girano a vuoto tra i favi finché l’alveare si disgrega.

I bambini hanno le antenne, sentono e notano tutto, respirando l’aria che tira in famiglia (in particolare l’umore della mamma). Sono sensibilissimi e recettivi come spugne, piccole api in cerca del miglior polline per produrre il miele della vita. Sta a noi – madri e padri – non permettere che l’alveare si disgreghi e ciò è possibile solo nel dono reciproco, come nella Santa famiglia di Nazareth.

20 pensieri su “La sensibilità dei cuccioli”

  1. E’ tutto vero quello che dici…per il momento non mi sento di scrivere altro 😉
    Aggiungo solo che le foto sono dolcissime (la prima la conosco…la seconda come si dice a Pg “è troppo bula…”)

    1. Potresti dire “altro” dall’importantissimo punto di vista di “figlia”…

      “La parola più bella
      sulle labbra del genere umano è “Madre”,
      e la più bella invocazione è “Madre mia”.
      E’ la fonte dell’amore, della misericordia,
      della comprensione, del perdono.
      Ogni cosa in natura parla della madre”.
      Tagore

  2. finalmente sono riuxcita a fare un alto nel tuo blog. Brava, continua così. Faccio il tifo per te.
    con affetto claudia aliotta

  3. Quant’è vero quello che dici!!!
    La parola “mamma” è la prima che diciamo ed ogni volta che ci troviamo a vivere un’esperienza dolorosa o estremamente bella diciamo, magari senza pensarci tanto “mamma mia”.
    Tagore per me è un grande!!
    Una voltami mi trovavo a Castelluccio di Norcia e passeggiavo lungo il Pian grande quando ad un tratto vedo un gregge di pecore. Da un dosso saliva una di esse e ad un tratto si ferma voltandosi indietro; aspettava il suo figlioletto che a fatica cercava di salire quel piccolo dosso per raggiungere la madre.
    Mi ha tanto colpito lo sguardo di quella madre che l’ho fotografata. Se vieni a trovarmi in ufficio, dietro di me c’è ancora la sua immagine.
    A mio avviso non esiste esperienza più grande di quella di essere madre, ancora oggi quando posso essere utile a mio figlio che ormai è grande sono felice.
    E’ la completezza dell’essere donna e quando vedi crescere un tuo figlio e lo vedi che si allontana per percorrere la sua strada e ne provi dolore, allora è in quel preciso momento che sai cosa vuol dire amare un figlio; gioisci per lui e non gli manifesti il tuo dolore.
    Dopo di ciò ti accorgi d’essere cresciuta, che l’essere madre è dentro di te e mai t’abbandonerà. Ecco perchè nella maturità quando non siamo più fertili è la creatività che ci fa essere madri di tutto ciò che ci circonda.

    1. L’immagine della tua pecorella è un po’ la stessa del merlo che descrivevo nel post: certe scene ci colpiscono talmente tanto che rimangono impresse nella mente (e nella pellicola, se fai la foto) per sempre…

      Nel mio libro c’è un’altra scena struggente che riguarda il rapporto madre/figlio: quando Viviana era al repartino descrive così una donna che vi era ricoverata:

      “Ricordo in non so quale dei miei tanti ricoveri, forse il penultimo, una donna che gridava: “mamma…mamma” e poi “Francesca… Francesca”, intervallate da grida strazianti. Notte e giorno. Immaginavo, al di là dell’aspetto fisico, una donna dolce e sensibile. Chiamava la madre e la figlia”.

      Questa donna, benché malata, aveva come punti di riferimento nelle sue grida di dolore solo due persone: la madre, da cui era stata generata, la figlia, che aveva generato a sua volta. L’atto della procreazione lega inscindibilmente i due soggetti, di generazione in generazione.
      Cio’ che mi ha sconvolto nel corso di questi mesi è stato che, dopo aver letto il mio libro, uno zio che abita lontano e che vedo di rado mi ha scritto una mail (a 81 anni!) sottolineandomi che l’aveva colpito, nella descrizione del repartino (la chiama il “punto forte del racconto”), proprio “la madre di Francesca, la signora grassa e sudata che chiama la figlia e suscita una pietà infinita”.
      Non c’è nulla da aggiungere: a ogni età (come sottolineava anche Anny a proposito delle signore della casa di riposo), in ogni stato – economico, di salute… – la mamma è quel faro, quella luce che brillerà per sempre.

      Ed è molto bello quello che dici, Anna Rita, a proposito del lasciar andare i figli: capisci di amarlo quando gli riconosci la libertà sua propria di essere uomo/donna, perché dentro soffri – ma offri, in silenzio – quel dolore per la sua crescita, per la sua vita.

  4. Ciao Luisa… è bellissimo questo tuo racconto… ed è proprio vero che la mamma è sempre la mamma… é una delle prime parole che pronunciamo quando siamo piccoli ed è una delle ultime che pronunciamo nella senilità… o prima di passare a miglior vita… molte delle anziane ospiti che sono passate nella mia residenza anche se avevano scordato molte parole o addirittura non riuscivano più a dire niente, erano, e alcune sono ancora, in grado di chiamare la mamma… Mi viene in mente proprio ora una poesiola che ho imparato alle elementari..(quindi un bel pò di anni fa) non sò neanche chi l’ha scritta ma te la voglio dire:

    “Chi dice mamma, dice Paradiso,
    luce del cuore, tenerezza, incanto.
    E’ sempre bello della mamma il viso
    e nel suo bacio, benedetto e santo
    Stà chiusa dell’amor tutta l’essenza
    chi dice mamma dice provvidenza.”

    un Bacione e… continua così

    1. Che bella poesiola, Anny… Davvero commovente! Grazie!
      Con essa mi è sovvenuta alla mente (e al cuore) una canzone che cantavo tanti anni fa in parrocchia: a proposito di Maria, la madre di tutti, dice il ritornello:

      “Ave Maria, ave, di Dio sei il Paradiso, ave”

      Quanto mi piaceva cantarla!

      Mio figlio grande di sicuro non sente il Paradiso in me – anzi, dice che sono brontolona! – ma mi ha commosso l’altro giorno quando, leggendo la descrizione della sua mamma nel quaderno di italiano, ha scritto: “La mia mamma è severa nella scuola, ma nell’educazione mi fa le coccole”. Quanta dolcezza si può scorgere nelle semplici parole di un bimbo di nemmeno otto anni! Ti scalda, ti riempie il cuore e ti dimentichi di tutti i suoi capricci, delle sue marachelle o piccole mancanze…

      1. é giusto anche che una mamma sia brontolona al momento giusto… serve per far affrontare ai figli quei momenti difficili che poi si troveranno davanti da adulto… Quasi a tutti ci è capitato di dire:”l’aveva detto la mi mamma…

  5. Anni fa mi fu regalato un gattino rosso,appena arrivato a casa mia ha iniziato a seguire la gatta che gia’ avevo,lei era di poco piu’ grande di lui e non aveva di certo il latte,pero’ lui faceva di tutto per farsi allattare…Lei all’inizio cercava in ogni modo di allontanarlo ma alla fine ha dovuto cedere!
    Lui passava le ore a succhiare il nulla dalle sue mammelle e lei lo lasciava fare come avrebbe fatto la sua vera mamma gatta…
    Sentirsi figlio e’ qualcosa che scalda il cuore e sentirsi mamma credo sia la piu’ bella sensazione fra tutte, spero vivamente un giorno di poterla provare anch’io.Un abbraccio

    1. Molto spesso, più che nel genere umano, è nella natura che si riscontra quell’istinto innato di maternità e figliolanza: tu lo ha visto fra i gatti, Anna Rita fra le pecore, io fra i merli. E molti altri ne vedremo…
      Tra gli uomini, purtroppo, a volte accade che i figli da adulti interrompano il rapporto coi genitori che di conseguenza diventano tristi e cinici…

      Ti auguro, un giorno, di diventare madre, cara Sunrise.

      1. Tra qualche giorno avvicinerò Lucky a Woody il cagnolino di pochi mesi che ha adottato mia cugina… speriamo che anche se è un maschietto gli venga un po’ d’istinto materno…

  6. il rapporto madre-figlio è un argomento molto delicato.. Non essendo madre non riesco ad immaginare l’amore che una donna possa provare in maniera incondizionata verso suo figlio.. quello che riesco a decifrare è quel sentimento di appartenenza, quella complicità rincorsa, perduta e trovata continuamente che segna l’evoluzione di questo rapporto.. una madre impara a essere madre mentre il figlio si rende conto di essere un figlio.. quindi non è semplice e personalmente trovo non veritiero l’affermare che il rapporto che ci unisce alle nostre madri sia sempre stato idilliaco.. ci sono alti e bassi, illusioni e disillusioni, un figlio si rende conto che la propria madre non è perfetta e una madre si rende conto che il proprio figlio non combacia perfettamente con l’idea che gli è stata attaccata in faccia.. ma quello che resta, alla fine della fiera, è quel filo fatto d’acciaio, che ci lega e che, anche se a volte si avvicina e si allontana, non si spezza.. è una continua rincorsa in nome di un sentimento di amore che non riusciamo a definire, ma che sappiamo che c’è, è lì da sempre e sempre ci sarà..

    1. Tu dici: personalmente trovo non veritiero l’affermare che il rapporto che ci unisce alle nostre madri sia sempre stato idilliaco..
      Infatti io non lo dico, anzi, affermo che è molto complesso, come tu – da figlia – confermi.
      Gli psicanalisti, in particolare Jung, hanno scritto fiumi di parole sul famoso “complesso di Elettra”, come corrispondente al femminile di quello di Edipo.
      Ma è quel filo d’acciaio che non si spezza che resta vero, pur mutandosi nel corso della vita. Anche Viviana nel mio libro lo racconta, in alcuni punti in maniera drammatica perché la madre l’ha condizionata molto anche nell’età adulta ma il loro rapporto, tutt’altro che idilliaco, resta forte e indissolubile.

    1. Le ho scelte perché: la prima mostra che i bambini non fanno caso al colore della pelle ma travalicano ogni distanza con l’amore e l’affetto verso ciascuno; la seconda, invece, mostra un bimbo in atteggiamento implorante verso la cuoca del nido, che si pone nella stessa posizione, chiedendole “Cosa c’è per pranzo oggi?”. E’ simpatico e dolcissimo allo stesso tempo!

  7. la frase “personalmente trovo non veritiero l’affermare che il rapporto che ci unisce alle nostre madri sia sempre stato idilliaco..” è intesa in senso generale.. sai quando si parla di questo tema spesso si finisce nelle famose “frasi fatte”, ma assolutamente non mi riferivo a te.. poi per carità.. ogni rapporto è a sè stante..
    ps: il pezzo in cui parli della madre di Viviana nel tuo libro l’ho trovato molto bello..

  8. Finalmente trovo il tempo per leggere e commentare questo bel blog dell’amica Luisa e sono lieto di vedere che la capacità di comunicare emozioni non si è esaurita dopo il libro.
    Sono contento che questo tuo spazio stia prendendo piede e che il tuo libro abbia la visibilità che merita
    Un abbraccio

    Andrea

    p.s. scusa il ritardo

    1. Il ritardo è scusato…
      Paga pegno commentando spesso…
      A parte gli scherzi: benvenuto ad un caro amico, grande scrittore, che in quanto a comunicare emozioni se ne intende molto!

  9. Credo che ognuno viva il rapporto figlio e madre o meglio genitori perché ricordiamoci che esiste anche un papà e quando ci sono e sono presenti già è un piccolo successo.
    Tornando al madre e figli devo fare i complimenti alla scrittrice in quanto benché ha una vita intensa e piena di tante altre avversità è veramente una bella MAMMA piena di attenzioni, vivendo al massimo ogni piccola cosa che gli accade con entusiasmo e partecipazione, trasmettendo principi sani veri come il rispetto e l’amore verso ogni forma di vita intensa “uomini, animali e natura” non tutti ne sono capaci. Spesso la routine di tutti i giorni la vita problematica e frenetica ti fanno pensare che se gli si è dato di cui nutrirsi, lavarsi e vestirsi il lavoro di mamma è fatto. Questo è l’errore più grande! Che spesso ammettiamo essere mamma è una missione e si deve essere pronti a fare tutto e non pretendere nulla come obbligo, ma bisogna sempre ricordarci che non sono una nostra proprietà, ma delle persone ancora piccole con una propria entità, carattere e pensieri.

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