Non so voi ma io, quando sono in attesa di certe notizie, adoro “distrarmi” con lavori di fatica. Tengo occupata, attraverso il corpo sotto sforzo, anche la mente gravata dai pensieri e la stanchezza che provo mi consente di non preoccuparmi di ciò che accadrà ma di concentrarmi su come mi sento in quell’attimo del presente. E, c’è da considerare che, con quel lavoro, compio un gesto d’amore per chi godrà del suo risultato.
Un diversivo che, al contempo, mi allena alla fatica del vivere per comprenderne il suo significato più intimo. Come suggerisce Gibran:
«Amare la vita attraverso la fatica è penetrarne il segreto più profondo».
I lavori in cui mi adopero in queste situazioni sono quelli che esulano dalle consuete faccende quotidiane, più ordinarie e quindi più leggere (rassettare letti, spolverare, fare lavatrici, cucinare, ecc…) e anche non strettamente impellenti: per nominare un qualcosa di relativamente rilassante, adoro spostare e spolverare le piante – foglia a foglia – e dare loro lo spray fino a vederle lucide; o, per passare a qualcosa di più sfiancante, pulire le scale esterne mattonella per mattonella, gradino per gradino, un po’ come Cenerentola.
Per una perfezionista come me, finché la foglia o la mattonella non sono splendenti, significa ripassare ogni singolo elemento fino alla più assoluta lucentezza.
Persino in ufficio, dove le mie competenze sono altre, mi prendo una o due mattine per riordinare e pulire ciò su cui i miei tre uomini non mettono mano: scartoffie varie, accumulate da mesi, da catalogare e fogliacci inutili da buttare; giornali da sistemare e, finalmente, un grande tavolo vuoto da rendere lindo.
Forse è a causa di questo innato perfezionismo che adoro l’editing: rileggere, correggere e modificare i testi fino alla completa mancanza di errori e refusi, fino alla loro massima fluidità e leggibilità. Anche il testo appare pulito, quasi lucente.
Ovviamente, la fatica che ci consente di penetrare nel “vivo della vita”, amandola, suggeritaci da Gibran, non è solo quella fisica. Il poeta libanese si riferisce allo sforzo che ciascuno incontra nell’adempiere i propri compiti, nell’espletare il ruolo assegnato: può essere la difficoltà che incontra una donna nel crescere il proprio figlio – magari essendosi dovuta completamente annullare per lui, allontanandosi dai propri affetti d’origine, dalla propria città, dal proprio impiego –, oppure lo sforzo che un uomo compie ogni giorno per recarsi in un posto di lavoro lontano, magari non gratificato e poco retribuito, per il bene della propria famiglia; o, ancora, la fatica si può manifestare nell’umile accettazione della propria patologia – fisica o mentale – che costringe ogni giorno a dover fare i conti con pillole ad orari prestabiliti…
E l’elenco potrebbe ancora continuare… ognuno ha le sue fatiche.
Ciò che conta in fondo, però, è l’amore di cui questo impegno – difficile, arduo, fatto di delicati equilibri – è intriso: un amore così profondo che allevia la fatica, la rende amabile e sopportabile e, come in una strana alchimia, la vita diventa più piena, più bella, più viva e vissuta. Senza lo scambio di questo amore, dato dal proprio impegnarsi verso l’altro e basato soprattutto sul ricominciare sempre, un rapporto – di coppia, di amicizia, genitoriale, ecc… – è scialbo, quasi irreale, destinato all’agonia.
Nel post “È l’amore che conta“, con l’aiuto della canzone di Giorgia, sottolineavo che «l’amore è una strada contorta, per niente comoda o dettata dalla logica», appunto: costa fatica amare, è un impegno continuo, mai scontato e che necessita di essere rinnovato.
Come diceva Madre Teresa:
«L’amore, per essere vero, deve costar fatica, deve far male,
deve svuotarci del nostro io».
Dove trovare una fonte e una riserva di energia per avere la forza di compiere ogni giorno questo impegno? Dal Fornitore di amore per eccellenza: «l’Amor che move il sole e l’altre stelle…»
La fatica, se vissuta per amore, quindi, è redditizia non in senso economico, ma interiore perché produce quella moneta di cui l’anima è tanto desiderosa: arricchirsi dell’altro, e questo è possibile solo spogliandosi di se stessi.
Che dire… cavoli, questo post è parecchio profondo…che nasconde una certà nobiltà visto che LA FATICA (il lavoro) NOBILITA L’UOMO…se poi contribuisce ad amare è un vero e proprio un cammino alla santità!
Condivido in pieno e vorrei ricordarmi più spesso che ogni fatica produce in qualche modo amore anziché lagnarmi!
grazie della riflessione
Alla nobilitazione data dal lavoro non avevo pensato…
Grazie a te per la tua di riflessione 🙂
Grazie per questo post che conferma ciò che ho sempre pensato e sperimentato nel mio lavoro (che come ben sai è il muratore); nel mio caso però alle volte sfioro la meditazione, ma nella maggior parte dei casi, più fatico fisicamente più mi rilasso spiritualmente; fondamentale comunque è fare qualsiasi lavoro con amore e tendendo il più possibile all’armonia ed alla bellezza.
Il risultato comunque è molto appagante, al di là di quello economico che è ad un livello molto più basso….
Ciao Riccardo, io parlavo di lavori di fatica estemporanei.
Il tuo lavoro ordinario, quello di tutti i giorni è sempre faticoso, l’ho visto con i miei occhi.
Bello, quindi, il fatto che tu confermi quanto dicevo e cioè che lo sforzo, la fatica aiutano a rilassarsi, a non pensare al dopo ma al presente.
E importante anche ciò che dici riguardo al lavoro in generale: farlo con amore, come dono, e senza pensare alla gratificazione economica.
Grazie davvero!
ciao Luisa, oggi ho finito il trasloco dalla casa di mia nonna alla mia… domani come sai bene parto… questo post mi ci voleva perchè quando torno oltre al mio lavoro, che è abbastanza di fatica… però di amore me ne da tantissimo… dovrò cercare un po’ di tempo per mettere a posto di nuovo queste cose… che sono un po’ come la mia vita che ogni tanto va rivista… non credo che questa sia la mia meta definitiva … quindi farò ancora più fatica… dovrò pensare a Teresina del Bambin Gesù che anche la più piccola cosa la faceva solo per il Suo amore e per la salvezza di un peccatore… solo che Lei era Santa… GRazieeeeeEE
Buon viaggio Anny, divertiti e non pensare a nulla…
E ricorda che ognuno di noi è candidato alla santità.
Piano piano, una per volta faremo tutte le cose, anche le faticose, no?
Ti abbraccio