L’emozione di una nascita

Sin dall’annuncio della gravidanza e fino al giorno del parto, l’attesa per la nascita di un bimbo è fonte di grandi emozioni, sia per i neo-genitori che per le loro famiglie di origine e gli amici che li circondano. Per non parlare, poi, delle ore che precedono il parto vero e proprio: è tutto un susseguirsi di notizie che tengono i più col fiato sospeso.

I primi giorni di vita sono permeati della reciproca conoscenza tra il nascituro e i genitori, aiutati – più o meno goffamente – dai consigli di parenti maldestri (così come, qualche volta, di operatori del settore, alias ostetriche, orientate agli estremismi più incomprensibili per una famiglia ancora in fasce). Ma la bellezza del nuovo rapporto con la propria creatura, per quanto stancante sia, è una ricchezza di doni reciproci: tenere quello scricciolo tra le braccia e incrociarne lo sguardo ancora vitreo e insicuro; accudirlo in ogni sua necessità e, ancor più, ricondurlo tra le mura domestiche pieni di incertezze, è quanto di più tenero e al contempo fecondo possa esistere, in primis per una donna, ma anche per il suo compagno.

Sono già zia (e madre, sebbene rispetto a questo ruolo il punto di vista sia ben diverso), ma la nascita di questa nipotina mi ripropone con forza la riflessione sul tema della vita, sulla gioia che scaturisce dalla nascita di un nuovo essere. Soprattutto se si considera che il suo arrivo era atteso da qualche anno e che, prima dell’inaspettata trepidazione, vi era stata anche sofferenza mista a delusioni. E allora grido a gran voce: 

«BENVENUTA SOFIA!»

Una nuova vita, frutto dell’amore di due persone; un anelito di speranza in questo mondo che “vede tutto nero” e dove, anche le nascite, sono da controllare e regolare, come lo spending reviewUno schiaffo in faccia per chi pronuncia frasi del tipo: “C’è la crisi, è un azzardo mettere al mondo un figlio di questi tempi!”. Non trovano un senso, né un posto queste illazioni (o luoghi comuni) di fronte alla vita che nasce.
Dinanzi ad essa, si dimentica ogni crisi, affanno, malattia, delusione o inciampo della propria esistenza. Sì, perché la vita va avanti, spronata e incoraggiata dal nuovo venuto.
La vita è vita e va difesa, diceva la Beata di Calcutta: ad ogni suo stadio – dal primo embrione all’ultimo istante – e in ogni sua manifestazione – difficoltà e malattie, gioie e crescite interiori –va sempre difesa, perché è comunque un capolavoro. E non sono frasi fatte ma realtà concrete da interiorizzare e, poi, mettere in pratica.

La gioia spropositata dei nonni è la conferma lampante di quanto può far bene, può ringiovanire l’animo, l’arrivo di un nuovo membro nella famiglia: sembrano quasi “rimbecillirsi”, nel senso buono del termine, certi sessanta-settantenni! In realtà hanno il cuore gonfio di orgoglio per il proprio figlio e la sua creatura. E quanto si prodigano per essi!
E i neo-genitori? Nonostante la stanchezza e le difficoltà imposte dalla novità, li vedi raggianti: occhi che luccicano ogni volta che guardano quel loro prodigio, quell’esserino che piange sempre e, il più delle volte, non si capisce cosa voglia! E, in fondo, cosa vuole?
Solo gridare, col suo pianto: «Eccomi! Sono qui: amami!»
Inoltre, l’unione tra i due si fa più stretta, più complice, perché aperta all’accoglienza e all’accudimento di un terzo elemento. Un’empatia nuova, un’alleanza rinnovata protesa verso il nuovo arrivato.
I papà acquistano, insieme alla paternità di sangue, una maternità d’anima (passatemi il termine che sembra una forzatura, ma non lo è): amano la compagna più di prima perché la vedono debole per lo sforzo del parto e ancora incerta sul da farsi; compiono azioni – tipo quella di pulire sederini, ninnare e canticchiare fino allo sfinimento – che mai si sarebbero aspettati di poter mettere in atto. La loro dura corazza di “padroni di casa” e grandi lavoratori si trasforma in dolcezza, concretezza e amore a 360 gradi.
E che dire del rapporto che si instaura, già nel pancione, tra madre e figlio?
Nel post “La sensibilità dei cuccioli” ho parlato di quest’argomento, metaforizzando con esempi in natura e citando alcuni passi del mio libro. Adesso voglio puntare l’attenzione sul sentimento che lega una madre alla sua creatura: un misto di amore e ansie, gioie e preoccupazioni che cresce, s’intensifica e muta nell’arco degli anni.
Jean Paul Sartre sottolinea che “Fare un figlio è approvare la creazione” e racconta:

La Madonna tiene in braccio suo figlio. Lo guarda e pensa: «Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. E’ fatta di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Mi rassomiglia. E’ Dio e mi assomiglia. E nessuna donna ha avuto dalla sorte il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolo che si può prendere nelle braccia e coprire di baci, un Dio caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e che vive».

Divinizzare il rapporto tra madre e figlio non è banalizzarlo e non significa nemmeno astrarlo dalla realtà di tutti i giorni, anzi è un riappropriarsi della vera natura di questo legame. Un’elevazione così naturale verso l’immenso, l’infinito che solo una madre può provare.
E soltanto nella misura in cui ogni mamma realizza e accetta che il proprio figlio non è per lei sola, ma un dono da crescere per l’umanità per farne un uomo/donna valevole di questo appellativo nel senso più pieno del termine, realizzerà anche se stessa. Arduo compito, ma l’Altissimo l’ha fornita di tutti gli strumenti necessari per portarlo a termine.

E con un abbraccio virtuale, dono a Sofia e ai suoi genitori questa ninnananna che alla mamma piace tanto (quante volte l’ha cantata a mio figlio!), magari per allietare le prime difficili notti in casa.

 

8 pensieri su “L’emozione di una nascita”

  1. Questo post e’ bellissimo…
    Bellissima la prima foto in cui quel bimbo meraviglioso e tenerissimo bacia l’altro bimbo meraviglioso che ancora e’ racchiuso in quel pancione;bellissimo il pensiero di Sartre e bellissima quell’espressione”maternita’ d’anima”.
    E’ una gioia che alla mia vita ancora manca e che spero davvero un giorno di poter provare.
    Grazie mille Luisa,mi sono venuti i brividi per l’emozione.
    Tanti auguri a Sofia ed ai suoi genitori!
    Sunrise

  2. con me sfondi una porta spalancata, considerando che durante le mie gravidanze ho sempre cantato parlato e scherzato con la mia pancia…. sono d’accordo con te.. non c’è gioia più grande..sono contenta di essere donna anche per questo.. come spiegare la sensazione speciale di sentire una vita dentro di te ? è un miracolo continuo.. Ormai i miei figli sono grandi..e.. non ridere ma mon vedo l’ora di rimbecillirmi da nonna!!!!

  3. Oggi ho riacceso il computer per la prima volta….
    che emozione…sto piangendo a dirotto accompagnata da questa che, come per te è una delle mie ninne-nanne preferite (conosciuta quando io stavo con il mio adorato nipotino) e che già canto alla mia bimba.
    Grazie Zia Luisa, per le tue parole e per il tuo incredibile affetto che costantemente dimostri a me e alla mia piccina.
    Ti voglio tanto bene.

  4. con le lacrime agli occhi dico che tutto ciò è meraviglioso, penso come pensi tu sulla vita nascente,penso che niente e nessuno dovrebbe non permettere una nuova vita, spesso scherzando dico che se fossi nato donna con la testa e con il cuore che ho, avrei fatto almeno dieci figli. Non vedevo l’ora di conoscere Sofia e infatti dopo solo due giorni non ho resistito e insieme a Sandra e Daniele siamo corsi in ospedale per vedere quel bel miracolo che è. ciao un grande abbraccio.

    1. Se eri donna ne facevi dieci, ma anche da uomo non ti sei comportato male! E poi sono tutti maschi! E sono dei bei miracoli anche loro!
      Davvero, davanti alla vita che nasce, ci si può solo inchinare e ringraziare…

  5. questo post è proprio bellissimo… fortuna che è arrivato Valerio perchè io non me lo ricordavo o mi era sfuggito… è dolcissimo… si sente che a scriverlo è l’amore di una mamma.. anche la ninna nanna è davvero bella e non la conoscevo… ti voglio bene.. un bacione

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