Ognuno ha la sua ragnatela, grande o piccola che sia, tutti l’abbiamo. Qualcuno è intrappolato dal proprio corpo, per limiti estetici che non apprezza, a qualcun’altro mancano i beni primari per la sussistenza, altri si sentono schiacciati dalla malattia che li fa vivere a metà; altri ancora, anche se apparentemente non mancano di nulla, hanno il gusto di lamentarsi per cose futili (Tacito diceva senza mezzi termini: “Quelli che si lamentano di più sono quelli che soffrono meno”): l’elenco potrebbe continuare all’infinito, tutti abbiamo delle piccole o grandi insoddisfazioni nel nostro intimo.

Ho scelto questo insetto perché quello che sperimento ogni giorno è la certezza che ciascuno è comunque una farfalla – più o meno colorata, più o meno energica, più o meno visibile – che anela alla libertà e alla felicità: tutti siamo stati creati unici e irripetibili dall’Altissimo e la nostra vita è un regalo che ci è stato fatto e che, per essere vero e completo, va ridonato con le nostre parole, azioni, concretezze nel quotidiano.

Viviana, la protagonista del mio libro era una farfalla di rara bellezza: dallo spettro cromatico indefinibile – tonalità screziate di viola, rosa e magenta – volteggiava nell’aria libera ed era difficile non notarla. Volava di fiore in fiore, donando agli altri la bellezza del suo essere, non solo in senso fisico ma anche interiore. Poi, inaspettatamente, l’incontro (a soli 31 anni) con la bestia feroce – il disturbo bipolare – che le ha tarpato a forza le ali pennellandole di follia e, poco dopo, con la sua compagna beffarda – la leucemia – che la limita nel corpo. La farfalla Viviana si sente persa, non ha più nulla da donare, non vuole più vivere: i fiori del giardino che prima l’attraevano con nettari succosi e la facevano sentire amata e viva, son diventati ai suoi occhi, sterpi secchi e scoloriti, nulla più ha valore per lei. E il suo cielo diventa solo grigio e cupo: non ha più voglia di tuffarsi in voli armoniosi, si sente goffa e incapace. Si chiude in sé, nemmeno la luce calda del sole – e il volto glorioso dell’amato Dio in essa riflessa – che prima scaldava e illuminava le sue qualità, valorizzandole, serve più a farla rialzare. Anni di tenebre confuse l’avvolgono, dove la speranza e la gioia scompaiono, avvolte in una fitta ragnatela che la opprime.

Ma il Creatore le aveva donato qualcosa che forse lei non sapeva di avere e che non aveva mai usato a dovere: delle appendici poste sulla punta delle sue quattro ali, arrotondate ma taglienti come lame affilate. Con esse Viviana riesce, attraverso un movimento forte e deciso e con tutta l’energia che le è rimasta in corpo dopo anni di immobilità, a squarciare la sua ragnatela, a tagliare le piccole fibrille che la compongono. Cosa l’aspetta oltre? Tutto un mondo nuovo: cieli limpidi e accoglienti, prati sconfinati e verdeggianti, fiori vivaci e mai incontrati. Non hanno agito solo le sue ali appuntite, finora erano rimaste inermi. È la sua forza, la sua energia e l’immenso e smisurato amore di Dio che l’hanno mossa a usarle…

Quello che racconto di Viviana non è una favoletta per bambini ma una realtà tangibile: ognuno di noi ha la sua ragnatela ma ciascuno, forse senza saperlo, è una farfalla unica che con la propria forza interiore, il sostegno degli altri e la mano silenziosa di Dio – che ci ha dotati di strumenti potenti – può bucare l’intreccio di fili da cui è oppresso, scoprendo oltre un paesaggio nuovo, di pace e tranquillità.